Quante volte ci siamo lasciati trasportare dall’emozione di una telecronaca coinvolgente? Quante volte abbiamo seguito con fervore le vicende sportive della nostra squadra del cuore, sia alla radio che in TV? Sono esperienze che si accumulano nel tempo, diventando parte integrante della nostra passione per lo sport.
La normalità di guardare una partita in TV, leggere un articolo dettagliato o seguire un’intervista post-partita è il risultato di anni di progresso nel campo del giornalismo sportivo. È un percorso ricco di sfide e cambiamenti che ha spinto i giornalisti a rimanere costantemente aggiornati e ad adattare il loro approccio per restare al passo con i tempi.
L’informazione a supporto dello sport ha radici ben salde e ha vissuto un’affascinante evoluzione nel corso del tempo, arricchita dalle molteplici personalità che hanno contribuito a plasmare la sua storia.
La storia della stampa sportiva italiana ha inizio nella seconda metà del 1800, con il Bollettino Trimestrale del Club Alpino di Torino nel 1865, che ha visto la luce dopo l’introduzione dell’educazione fisica nelle scuole. Nel 1881, il termine “Sport” ha fatto il suo ingresso stabile sulle pagine dei quotidiani, aprendo la strada a un interesse sempre crescente da parte dei vari giornali, che hanno gradualmente dedicato più spazio e attenzione a questo settore. Lo stesso anno ha visto la nascita a Milano di Lo Sport Illustrato, il primo giornale europeo ad occuparsi degli sport dell’epoca. Nel 1883, a Torino, è stata pubblicata la prima rivista dedicata al mondo dei velocipedi, anticipando la variegata pubblicazione di temi ciclistici.
Storia del giornalismo sportivo italiano: dall’emergere dei primi giornali alla formazione della cultura sportiva
Il 3 aprile 1896 segna un momento storico con la nascita de La Gazzetta dello Sport, il primo quotidiano sportivo italiano. Nel 1902, anche il Sud Italia entra in scena con Tribuna Sport, fondato da Adolfo Cotronei e Vittorio Argento. Nello stesso anno, a Torino, vede la luce La Stampa Sportiva, l’inserto sportivo del quotidiano La Stampa della famiglia Agnelli.
Torino ospita anche le prime edizioni di Tuttosport, mentre a Roma sorge Il Corriere dello Sport e a Bologna Stadio. Nel corso degli anni, Il Corriere dello Sport e Stadio si uniscono, diventando un unico quotidiano sotto un editore comune, mantenendo la copertina verde tipica di Stadio per la pubblicazione nel centro-nord e quella rossa del Corriere dello Sport per il centro-sud.
Fino agli anni ’50, i giornali sportivi non competono con la televisione, quindi si concentrano su dettagliate descrizioni degli avvenimenti, con poche immagini. Con l’avvento delle trasmissioni televisive sportive, l’importanza dell’immagine cresce, portando i giornali a includere più fotografie. Le sintesi e i commenti televisivi spingono i giornali a ridurre le cronache degli eventi, preferendo analisi tattiche, retroscena, interviste e polemiche.
Il 5 febbraio 1950 segna l’inizio ufficiale del calcio in televisione, con la Rai che trasmette la partita tra la Juventus e il Milan in via sperimentale. Negli anni ’50, la televisione entra nelle famiglie borghesi di fascia medio/alta, estendendosi poi anche alle classi operaie negli anni ’60. Nel 1954, lo Stadio San Siro ospita l’incontro Italia-Egitto, valido per le qualificazioni ai mondiali svizzeri, con la vittoria dell’Italia per 5-1.
La partita è stata memorabile non solo per la storica doppietta di Giampiero Boniperti, ma anche per essere stata la prima trasmissione televisiva di una partita dell’Italia, completa di telecronaca. Nicolò Carosio è stato il primo telecronista della Nazionale, affiancato da Vittorio Veltroni. La sua figura ha lasciato un segno indelebile nella storia del giornalismo sportivo grazie al suo stile unico e al modo coinvolgente di narrare le partite, che ha influenzato generazioni di giornalisti successivi.
Prima di Carosio, i giornalisti si limitavano a raccontare le gesta dei protagonisti, ma con lui hanno cominciato a essere protagonisti anche loro. Carosio era dotato di una personalità carismatica, un gusto particolare per il whisky e una maestria innata nel campo del giornalismo, rendendolo una figura di riferimento per tutti i suoi colleghi.
Tra calcio e ciclismo verso i Mondiali
Con l’avvicinarsi dei Mondiali ed Europei di calcio e dei Giochi Olimpici, gli italiani si uniscono sotto la bandiera azzurra, tralasciando le polemiche e le rivalità. Le gesta dei nostri atleti, con il tricolore italiano sul petto e nel cuore, sono sempre state raccontate con passione dai giornalisti di diverse epoche, trasmettendo emozioni e sensazioni agli appassionati sportivi.
Il 3 gennaio 1960 segna l’inizio della trasmissione di “Tutto il calcio minuto per minuto” alla radio, una rivoluzione nel modo di seguire il calcio con una formula innovativa. Prima, si trasmetteva una sola partita in radio, ma questo nuovo format prevedeva collegamenti da quattro stadi di Serie A e uno di Serie B, con aggiornamenti dagli altri campi dallo studio. Questo programma ha caratterizzato le domeniche di molti italiani, permettendo loro di seguire il campionato anche quando non potevano andare allo stadio per impegni di lavoro o familiari, grazie alla radiolina.
Non è stato facile convincere la Rai sull’idea di Guglielmo Moretti, importata dalle emittenti francesi. “Tutto il calcio minuto per minuto” ha formato una generazione di giornalisti che hanno segnato la storia del giornalismo e del calcio italiano, tra cui Nando Martellini, Sandro Ciotti, e Massimo De Luca, esempi di un giornalismo moderno. Questi professionisti erano in grado di riassumere gli eventi salienti delle partite con interventi chiari e comprensibili, nonostante l’obbligo iniziale di trasmettere solo la cronaca dei secondi tempi delle partite.
Solo nel 1977 il presidente della Lega, Franco Carraro, ha finalmente concesso il permesso di trasmettere in diretta radiofonica anche i primi tempi delle partite di calcio. Oltre al calcio, anche il ciclismo ha giocato un ruolo significativo nella storia del giornalismo italiano: uno sport popolare e accessibile che ha conquistato rapidamente un vasto seguito, a differenza di altri sport di nicchia come lo sci o il tennis.
Sergio Zavoli, un giornalista di grande prestigio, ha chiesto alla Rai di andare oltre la mera cronaca sportiva del ciclismo, proponendo l’innovativo programma “Il Processo alla Tappa“. Questo format prevedeva un approfondimento culturale e sportivo in cui gli atleti del momento commentavano le proprie performance di fronte alle telecamere, mentre i giornalisti analizzavano il tutto attraverso domande e commenti. “Il Processo alla Tappa” rappresenta un primo esperimento di una televisione che va oltre la semplice narrazione dei fatti, caratterizzando l’intera trasmissione con ospiti selezionati e un palinsesto mirato.
Nel 1963 è stata una data storica con la nascita ufficiale dell’Ordine dei Giornalisti, l’ente pubblico italiano che regola la professione giornalistica. La legge 69 del 3 febbraio 1963 ha disciplinato la professione, distinguendo i giornalisti professionisti, i pubblicisti e altri elenchi speciali. Oltre all’Ordine dei Giornalisti, il giornalismo sportivo ha il suo organo, l’USSI (Unione Stampa Sportiva Italiana), fondata nel 1946 a Milano, che rappresenta un punto di riferimento etico, organizzativo e sindacale per i giornalisti sportivi italiani.
Un momento storico nel giornalismo sportivo è rappresentato dalla prima introduzione della moviola nel 1967, quando il giornalista Carlo Sassi descrisse un presunto gol fantasma di Gianni Rivera nel derby tra Inter e Milan, suscitando polemiche e discussioni. La battaglia per l’utilizzo della moviola sul campo è stata condotta per anni da Aldo Biscardi, nonostante all’inizio fosse considerata un’idea controversa che avrebbe rallentato il gioco.
Un episodio significativo che ha cambiato l’opinione di molti a favore della moviola in campo è stato il famoso rigore negato a Ronaldo dopo il fallo di Iuliano nella sfida scudetto tra Inter e Juventus. Le polemiche generate hanno convinto molti appassionati che l’introduzione della moviola avrebbe potuto prevenire episodi controversi simili in futuro.
Oggi, con l’introduzione del VAR, la moviola in campo è diventata una realtà. Questo risultato è stato possibile grazie al giornalismo sportivo italiano, che ha avuto una visione all’avanguardia sul futuro del calcio e ha sostenuto l’idea fino alla sua attuazione concreta.
Lo sport si sposta sul web
L’avvento di Internet ha rivoluzionato ulteriormente il mondo del giornalismo sportivo, accelerando la diffusione delle informazioni e imponendo cambiamenti nell’approccio televisivo. Una delle dispute più significative nel mondo del calcio è stata quella tra Gianni Brera, giornalista milanese, e Gino Palumbo, campano. Brera difendeva il calcio difensivo, noto come catenaccio, mentre Palumbo sosteneva il gioco offensivo e spettacolare.
L’origine del termine “catenaccio” risale al Padova di Nereo Rocco. L’allenatore, successivamente al Milan, ha portato la sua filosofia difensiva e tattica. Palumbo non condivideva questa visione, preferendo uno stile di gioco offensivo e brillante. Queste divergenze di opinione hanno generato polemiche che hanno coinvolto anche la Nazionale, con i vari commissari tecnici azzurri al centro della controversia.
Gianni Brera, il Re dei Giornalisti sportivi
Gianni Brera, il più celebre giornalista sportivo italiano, ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo dello sport e nel giornalismo con la sua penna immaginifica. Ha raccontato con passione e maestria eventi sportivi di rilievo come i Mondiali di calcio, le Olimpiadi, le grandi corse ciclistiche e le gesta degli atleti italiani e internazionali. Ma Brera non era solo un narratore sportivo, era anche un polemista eccezionale, noto per aver introdotto neologismi ancora utilizzati oggi nel linguaggio giornalistico sportivo.
Brera iniziò la sua carriera giornalistica raccontando lo sport sul giornale del liceo a Milano, città che divenne presto il fulcro della sua vita professionale. La svolta arrivò quando approdò alla Gazzetta dello Sport, dove lavorò come inviato e successivamente come condirettore, diventando il più giovane a guidare il giornale all’età di 30 anni. Dopo un periodo di peregrinazioni e collaborazioni editoriali, tornò alla Gazzetta come editorialista nel 1976.
Brera ha scritto per diverse testate giornalistiche, tra cui il Giorno, il Guerin Sportivo e Il Giornale di Montanelli. Nel 1982, fu una delle firme più acclamate de La Repubblica. In televisione, partecipò al Processo del Lunedì e condusse la sua Accademia di Brera su diverse reti locali.
La sua eredità più duratura è probabilmente quella dei neologismi che ha introdotto nel linguaggio giornalistico sportivo italiano. Senza di lui, non avremmo avuto termini come “uruguagi”, “Abatino” per Gianni Rivera, “goleador” per Gigi Riva e “Puliciclone” per Roberto Pulici. Brera ha dato vita a un vero e proprio epos narrativo attorno ai grandi del calcio, influenzando profondamente il modo in cui venivano raccontate le gesta dei calciatori.
Non solo un innovatore linguistico, Brera era anche un pensatore rivoluzionario attaccato alla tradizione. Sebbene fosse contrario alle innovazioni nel calcio come quelle proposte da Arrigo Sacchi, Brera ha sempre sostenuto posizioni tradizionali, credendo che la difesa dovesse essere privilegiata nel calcio italiano. Tuttavia, era anche in grado di ritornare sui suoi passi senza compromettere la sua integrità, dimostrando un’eccezionale versatilità intellettuale.
Gianni Brera è stato un gigante del giornalismo sportivo italiano, un uomo che ha saputo fondere fantasia e rigore giornalistico per creare un’icona immortale nel panorama sportivo e culturale del nostro paese. La sua vita è stata segnata da avventure, contraddizioni e una passione travolgente per lo sport e per la vita.
Il giornalismo sportivo diventa così parte integrante del dibattito calcistico e influenza l’opinione pubblica. Brera sosteneva il catenaccio non solo in base ai risultati, ma anche analizzando le differenze culturali tra Nord e Sud. Secondo lui, i napoletani erano più inclini allo spettacolo e alla spensieratezza, mentre la cultura del Nord era più razionale e orientata ai risultati, riflettendo il gioco difensivo del catenaccio.
Per questo motivo, il dibattito tra il bel gioco e il tatticismo difensivo assume una valenza culturale nel calcio italiano. Un’altra divisione significativa si manifesta con l’avvento di Arrigo Sacchi, il quale chiede una svolta nel movimento calcistico italiano, spingendolo a abbandonare la tattica del contropiede per imporre un gioco più aggressivo. L’introduzione della marcatura a zona, vista come una pratica “troppo sudamericana” per la cultura calcistica italiana, rappresenta una rivoluzione.
Sacchi, nonostante non abbia una carriera calcistica di alto livello, si distingue come un eccellente didatta. Dopo esperienze positive nelle selezioni giovanili, diventa allenatore del Parma, ottenendo successi notevoli in Serie B e eliminando il Milan dalla Coppa Italia. Silvio Berlusconi, proprietario del Milan, nota Sacchi e lo ingaggia per sostituire Fabio Capello. Questa mossa si rivela vincente, con il Milan che conquista titoli nazionali e internazionali, proponendo un calcio spettacolare e innovativo.
I successi dei club italiani e l’influenza dei principali giornalisti contribuiscono a diffondere la passione per il calcio in tutto il paese. Anche il calciomercato subisce cambiamenti significativi nel corso del tempo: prima, i direttori sportivi e gli addetti ai lavori si organizzavano in box negli hotel di Milano, dove i giornalisti potevano accedere per ottenere informazioni e aggiornamenti sulle trattative in corso.
Gli scoop veri arrivavano di notte, quando presidenti, dirigenti e giornalisti cenavano insieme nei ristoranti, creando legami autentici basati sul contatto umano. Con l’avvento delle moderne tecnologie e lo stile di vita sempre più frenetico, il modo di riportare notizie e di stabilire contatti è cambiato radicalmente.
Oggi, il contatto umano è meno frequente poiché le fonti di informazione sono molteplici e gli intermediari numerosi. I giornalisti si trovano spesso di fronte a notizie contrastanti e hanno sempre meno tempo per verificarne la veridicità.
Il giornalista contemporaneo gestisce una rubrica ricca di contatti, ma la comunicazione è più distante e veloce. Questo cambiamento si riflette anche nel mondo dello sport, con le competizioni che diventano sempre più accessibili su diverse piattaforme e la televisione che stringe legami sempre più stretti con gli eventi sportivi.
Le aste per i diritti televisivi diventano cruciali per le società, con Tele+ e Stream che trasmettono tutte le partite di Serie A e B in pay-per-view. Nonostante la crescente passione dei tifosi per il calcio, gli abbonamenti alle pay tv rimangono bassi.
L’investimento nei diritti televisivi spinge alla revisione degli orari delle partite per favorire l’audience televisiva. Da Mediaset Premium a Sky fino a Dazn, il modo di guardare il calcio ha subito notevoli cambiamenti negli ultimi anni, con nuovi attori come Amazon Prime che entrano nel settore. Internet sta influenzando ulteriormente l’evoluzione dello sport, aprendo nuove possibilità e sfide per il futuro.