Quante volte abbiamo visto calcare la nostra notizia senza citare il nostro nome? Quante volte, soprattutto agli inizi, un giovane giornalista o aspirante tale ha rilanciato una notizia ritenendola attendibile solo perché proveniente da una testata autorevole? O, peggio ancora, quante volte ci si è trovati a constatare con amarezza che un proprio lavoro esclusivo, frutto di fatica e attenzione, è stato ripreso da testate più grandi, senza neanche una citazione?
Nel mondo dell’informazione, questi episodi non sono rari. E non si tratta soltanto di una questione di ego professionale: è una questione di etica, di trasparenza e di rispetto. Rispetto verso chi ha fatto il lavoro, verso chi legge, ma soprattutto verso la verità dei fatti, che è e resta il primo dovere del giornalista.
Chi scrive e pubblica notizie ha la responsabilità di verificare e citare le fonti. Lo impone il buon senso, ma ancor prima la deontologia professionale. Eppure, nel caos digitale in cui viviamo – fatto di tweet, breaking news e notifiche continue – non sempre la fonte viene riportata, non sempre si verifica, non sempre si cita.

Cosa si intende per fonte nel giornalismo
Nel linguaggio giornalistico, il termine “fonte” ha un significato ben preciso: è l’origine dell’informazione. Può essere un documento ufficiale, una persona, un’intervista, un comunicato, una registrazione, un post sui social, un database, un’agenzia di stampa.
Fonti umane e documentali
Le fonti si dividono comunemente in due grandi categorie: umane e documentali. Le prime comprendono tutte le persone che forniscono notizie: testimoni, protagonisti dei fatti, portavoce, esperti, autorità. Le seconde includono atti giudiziari, relazioni, report ufficiali, sentenze, contratti, bilanci, e qualsiasi documento utile a confermare un fatto. Un buon giornalista sa distinguere tra ciò che è raccontato e ciò che è dimostrabile.
Fonte primaria o secondaria?
Altro elemento chiave è la differenza tra fonte primaria e fonte secondaria. Una fonte primaria è quella più vicina all’evento: ad esempio, il diretto interessato, o un documento originale. Una fonte secondaria è quella che riporta ciò che altri hanno già riferito. Confondere questi due livelli è uno degli errori più frequenti nel giornalismo digitale. Prendere per certa una notizia letta su un altro sito, senza controllare chi l’ha pubblicata per primo, significa rischiare di diffondere un errore, o peggio, una notizia infondata.
“Prendere per certa una notizia letta su un altro sito, senza controllare chi l’ha pubblicata per primo, significa rischiare di diffondere un errore, o peggio, una notizia infondata.”

Perché è fondamentale citare le fonti
Citare le fonti non è solo una forma di cortesia professionale: è una regola fondante del giornalismo. E non a caso è sancita anche nel nuovo Codice Deontologico dei Giornalisti, in vigore dal 1° giugno 2025.
La verità, nel giornalismo, non è mai assoluta. È il risultato di un processo di verifica, confronto e attribuzione delle informazioni. Citare chi ci fornisce un dato o un’affermazione significa assumerci la responsabilità di ciò che pubblichiamo, ma anche permettere al lettore di valutare l’affidabilità della notizia.
Chi legge ha diritto a sapere non solo che cosa accade, ma anche chi lo afferma e su quale base. Una notizia senza fonte è come una sentenza senza prove: può sembrare solida, ma non regge alla prova dei fatti.
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Le conseguenze della mancata citazione
Il mancato rispetto delle fonti non è solo una caduta di stile, ma un errore professionale grave. Riprendere integralmente il lavoro altrui, spacciandolo per proprio, è un atto di plagio. Non si tratta solo di una mancanza deontologica, ma in alcuni casi anche di una violazione del diritto d’autore, perseguibile legalmente.
Chi non cita la fonte spesso salta anche il processo di verifica. Così può accadere che una notizia errata venga rilanciata a catena, contribuendo a creare un’informazione distorta o addirittura una fake news.

Nell’ecosistema digitale attuale, la credibilità è un patrimonio fragile. I lettori, i motori di ricerca e le piattaforme social sono sempre più attenti alla qualità e alla trasparenza. Un’informazione scorretta o manipolata può danneggiare irreparabilmente la reputazione di una testata.
“Una notizia errata rilanciata a catena, può contribuire a creare un’informazione distorta o addirittura una fake news.”
Come si verifica una fonte: regole e buone pratiche
Verificare una fonte richiede tempo, metodo e spirito critico. È una competenza che si acquisisce con la pratica e la formazione. Nel giornalismo anglosassone – ma anche in quello italiano di qualità – è buona norma non pubblicare una notizia senza averla verificata almeno con due fonti indipendenti.
Un altro metodo efficace è il cross-checking: confrontare l’informazione ricevuta con documenti ufficiali, dichiarazioni pubbliche, comunicati stampa, precedenti pubblicazioni.
Non tutte le fonti hanno lo stesso peso. Un account anonimo su X (ex Twitter) non ha lo stesso valore di un’agenzia stampa o di un portavoce istituzionale. Occorre sempre valutare chi è la fonte, se è diretta o indiretta, qual è il suo interesse a fornire quella notizia. Quando possibile, è buona prassi registrare le conversazioni, conservare le email, fare screenshot delle pagine web o dei post social.

Fonti e nuove sfide: social media, IA, leaks
Oggi le fonti non sono più solo umane o istituzionali, ma anche digitali, algoritmiche, talvolta anonime. Le notizie corrono sui social, ma non sempre chi le diffonde è attendibile. Un account verificato può essere stato hackerato. Una foto può essere ritoccata. Una dichiarazione può essere generata da un’IA.
“Prendere per buona una notizia solo perché è virale sui social significa abbandonare il giornalismo e affidarsi al rumore.”
Ci sono casi in cui la fonte vuole restare anonima: whistleblower, fonti interne, informatori sensibili. In questi casi, la responsabilità del giornalista è ancora maggiore: deve proteggere l’identità della fonte, ma anche verificarne la veridicità. Lo prevede anche la normativa italiana, come illustrato nella Guida pratica per diventare giornalista pubblicista in Italia.
Il valore della citazione contestualizzata
Citare bene una fonte significa non solo menzionarla, ma anche offrire al lettore un link diretto e contestualizzato. Ad esempio: “Come si legge nel comunicato ufficiale pubblicato sul sito della Corte di Cassazione…”.
Se la notizia è originale, frutto di una tua inchiesta o di un’esclusiva, è corretto specificarlo, come raccomandato anche nella nostra guida su come scrivere un articolo di giornale.
L’evoluzione del concetto di fonte: dalla carta stampata al digitale
Nel giornalismo tradizionale, quando a dominare era la carta stampata, le fonti erano limitate e facilmente identificabili. Ogni notizia trovava riscontro in elementi tracciabili: un’intervista condotta di persona, un comunicato stampa ufficiale, una telefonata o un fax inviato direttamente in redazione. L’origine delle informazioni era chiara, verificabile e – nella maggior parte dei casi – sottoposta a controlli editoriali rigorosi.
Con la rivoluzione digitale, il panorama è radicalmente cambiato. Le fonti si sono moltiplicate in modo esponenziale e si sono fatte più eterogenee: oggi l’informazione circola attraverso blog, forum, social network, messaggistica istantanea e canali non istituzionali. Anche contenuti ottenuti tramite leaks, intelligenza artificiale o account anonimi contribuiscono alla produzione giornalistica, spesso senza un passaggio intermedio di verifica.
Anche l’intelligenza artificiale non può essere considerata una fonte attendibile in senso stretto. Può supportare il lavoro giornalistico, ma ogni informazione che genera va verificata come qualsiasi altra fonte non istituzionale.
Questa disintermediazione, se da un lato ha democratizzato l’accesso alle notizie, dall’altro ha reso più sottile il confine tra informazione e disinformazione. Il rischio di incorrere in errori, fraintendimenti o vere e proprie fake news è aumentato, richiedendo al giornalista contemporaneo una rinnovata attenzione al metodo di verifica e alla qualità delle fonti utilizzate.

Come si costruisce un rapporto con una fonte
Le fonti non si conquistano con un messaggio o una richiesta al volo. Servono rispetto, ascolto, discrezione e tempo. Le fonti ricorrenti sono quelle che conoscono bene un settore e diventano riferimenti stabili. Le fonti off-the-record forniscono spunti non pubblicabili ma utili. In tutti i casi, la riservatezza è fondamentale.
Gli errori più comuni tra i giovani giornalisti
Tra gli errori più comuni tra i giovani giornalisti ci sono: rilanciare ogni dichiarazione senza verifica, confondere opinioni e fatti, omettere la fonte per paura della concorrenza, fidarsi di fonti non indipendenti, non conservare prove. Una panoramica più ampia è disponibile nella guida sulla deontologia giornalistica nell’era digitale.
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Cosa dice la legge italiana sulla protezione delle fonti
In Italia, la protezione delle fonti è un diritto riconosciuto dalla Costituzione (art. 21) e da varie sentenze. Il giornalista non è obbligato a rivelare le proprie fonti, salvo casi gravi. Il Codice Deontologico 2025 e la Carta dei Doveri del Giornalista ribadiscono questo principio, come approfondito nella nostra storia del giornalismo sportivo italiano che analizza anche l’evoluzione delle fonti nel settore.

La cultura delle fonti è la base della buona informazione
Come scriveva Enzo Biagi: “Il mestiere del giornalista non è quello di inventare notizie, ma di cercare la verità e raccontarla. E per farlo servono le fonti, i fatti, le prove. Il resto è letteratura o propaganda.”
“Il mestiere del giornalista non è quello di inventare notizie, ma di cercare la verità e raccontarla. E per farlo servono le fonti, i fatti, le prove. Il resto è letteratura o propaganda.”
Coltivare la cultura della fonte significa coltivare il giornalismo stesso. Chi si forma alla professione deve imparare non solo a scrivere, ma a interrogare la realtà. A chiedersi sempre: “Chi me lo dice? Perché me lo dice? Posso verificarlo?”
È questa la differenza tra un contenuto e un’informazione. Tra un post virale e una notizia. Tra chi si improvvisa e chi ha scelto davvero di essere giornalista.
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